Antologia per le donne

L’Associazione Culturale Clementina Borghi ha partecipato alla Giornata contro il Femminicidio, organizzata dall’Assessorato ai servizi sociali del Comune di Treviglio,  dalla Commissione Pari Opportunità e dal Consiglio delle donne offre a tutti, donne e uomini, questa piccola antologia che riporta i testi delle tre poesia scelte e presentate da Pinuccia D’Agostino e lette da Dina Belletti.

Le poesie scelte dalla nostra associazione sono state  “Veleggio come un’ombra” di Alda Merini, “Ritratto di donna” di Wislawa Szymborska e “Donne mie” di Dacia Maraini.

Veleggio come un ombra

Alda Merini

 Veleggio come un’ombra

nel sonno del giorno

e senza sapere

mi riconosco come tanti

schierata su un altare

per essere mangiata da chissà chi.

Io penso che l’inferno

sia illuminato di queste stesse

strane lampadine.

Vogliono cibarsi della mia pena

perché la loro forse

non s’addormenta mai.

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Ritratto di donna

Wislawa Szymborska

Deve essere a scelta.

Cambiare, purché niente cambi.

È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.

Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,

neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.

Dorme con lui come la prima venuta, l’unica al mondo.

 

Gli darà quattro figli, nessuno, uno.

Ingenua, ma ottima consigliera.

Debole, ma sosterrà.

Non ha la testa sulle spalle, però l’avrà.

Legge Jaspers e le riviste femminili.

Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.

Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.

 

Tiene nelle mani un passero con l’ala spezzata,

soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,

una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.

 

Dove è che corre, non sarà stanca?

Ma no, solo un poco, molto, non importa.

O lo ama o si è intestardita.

Nel bene, nel male, e per l’amor del cielo!

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Donne mie

Dacia Maraini

Donne mie illudenti e illuse che frequentate le università liberali,

imparate latino, greco, storia, matematica, filosofia;

nessuno però vi insegna ad essere orgogliose, sicure, feroci, impavide.

A che vi serve la storia se vi insegna che il soggetto

unto e bisunto dall’olio di Dio è l’uomo

e la donna è l’oggetto passivo di tutti

i tempi? A che vi serve il latino e il greco

se poi piantate tutto in asso per andare

a servire quell’unico marito adorato

che ha bisogno di voi come di una mamma?

Donne mie impaurite di apparire poco

femminili, subendo le minacce ricattatorie

dei vostri uomini, donne che rifuggite

da ogni rivendicazione per fiacchezza

di cuore e stoltezza ereditaria e bontà

candida e onesta. Preferirei morire

piuttosto che chiedere a voce alta i vostri

diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.

Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,

sappiate che se volete diventare persone

e non oggetti, dovete fare subito una guerra

dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma

contro voi stesse che vi cavate gli occhi

con le dita per non vedere le ingiustizie

che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi

vi considera delle nemiche, delle rivali,

degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria

tutti i giorni senza neanche saperlo,

contro chi vi tradisce senza volerlo,

contro l’idolo donna che vi guarda seducente

da una cornice di rose sfatte ogni mattina

e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,

scintillanti di collane, ma prive di braccia,

di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio

solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso

(il dovere di amare ti fa odiare l’amore, lo so)

un’ amore senza scelte, istintivo e brutale.

Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire

donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà

di intenti, libere infine di essere noi

intere, forti, sicure, donne senza paura.